CARCERE
Gli esperimenti di psicologia sociale condotti da Philip Zimbardo e da altri studiosi hanno confermato che, se vengono dotati di una divisa e investiti di una qualche autorità ‘superiore’, gli esseri umani diventano molto facilmente i torturatori e i carnefici dei propri simili. Si tratta di una convalida empirica delle tesi sul potere formulate con chiarezza da Elias Canetti, per il quale la struttura dell’autorità è in primo luogo biologica e consiste nell’afferrare ciò che sta davanti e a disposizione, mangiarlo, incorporarlo e annientare così ogni differenza rispetto a colui che divora. In ogni luogo e ovunque appaia «l’istante del sopravvivere è l’istante della potenza» (Massa e potere, Adelphi 1981, p. 273); il potente è in primo luogo il sopravvissuto, l’unico superstite di fronte alla distruzione dei suoi simili.
Una simile fenomenologia del potere trova il più esplicito inveramento nella guerra, negli eserciti e nelle prigioni. Tutte le prigioni sono luoghi nei quali la lotta per sopravvivere si fa spietata. Quando si tratta di prigioni al servizio di una legislazione volta al controllo totale dei cittadini, il carcere diventa l’emblema stesso della dissoluzione. Questo sono certamente le carceri degli stati totalitari e di quelli ideologicamente dispotici come la Spagna franchista.
Modelo 77 è la vecchia prigione di Barcellona, progettata ed edificata nel 1904 come ‘modello’ appunto di carcere benthamiano, un Panopticon che avrebbe dovuto fare a meno delle guardie e nel quale invece – destino di molte utopie – le guardie assumono un potere del tutto arbitrario, di vita e di morte.
Il film di Alberto Rodríguez Prigione 77 (tit. originale Modelo 77, Spagna 2022) racconta una storia realmente accaduta, quella di Manuel che nel 1976 venne precipitato in questo luogo di assoluta aggressività. Il reato del quale era accusato – appropriazione indebita – sarebbe di scarsa entità ovunque ma per il codice penale franchista diventa foriero di molti anni di pena, ancor prima di subire il processo. Sostenuto da una forte determinazione caratteriale e aiutato da altri detenuti che come lui non sono dei delinquenti, Manuel cerca di resistere alla violenza istituzionale dalla quale viene investito, partecipa attivamente alle rivolte che denunciano la condizione aberrante dei detenuti e chiedono alla nuova democrazia spagnola di attuare una amnistia generale. Ma alla fine né le rivolte né i comitati di detenuti interni e di avvocati esterni gli danno la libertà. A farlo sarà il metodo antico ben riassunto dall’altro personaggio chiave del film, il veterano Pino: «Il diritto dei detenuti è fuggire». Esattamente, è un diritto.
Le scene della violenza nei confronti dei carcerati attuata con manganelli, calci, pugni, mediante il tentativo di instillare il terrore e ottenere l’obbedienza assoluta dei corpimente, mi hanno ricordato – anche se per fortuna non nella stessa misura ma certamente con le stesse intenzioni – i comportamenti dei poliziotti durante le manifestazioni contro il green pass a Milano nel 2021-2022. Ero tra i manifestanti e ricordo bene gli sguardi allucinati dei poliziotti, il tentativo di isolare qualche manifestante per colpirlo a sangue; le cariche contro cittadini inermi, donne, bambini. Tutto questo è accaduto durante il regime ambulatoriale del quale i primi responsabili non sono stati Giuseppe Conte, Mario Draghi, Roberto Speranza, né «le forze del disordine» al loro servizio ma gli altri cittadini che non volevano sapere nulla di quello che accadeva o, se sapevano, si sono voltati dall’altra parte o hanno ritenuto persino ‘opportuno’ questo esercizio di violenza contro dei cittadini che chiedevano semplicemente il rispetto della Costituzione repubblicana, del principio dello habeas corpus, della intangibilità dei corpi, tanto più quando l’ordine riguarda delle sostanze da immettere non nei corpi altrui ma nel proprio. Sostanze che si stanno rivelando in gran parte dannose.
Non nella Spagna della dittatura franchista ma nell’Italia degli anni Venti del XXI secolo è accaduta una violenta implementazione degli ordini politici da parte delle forze militari dello Stato. È accaduta la trasformazione dei cittadini in controllori di altri cittadini, in spie, in esecutori delle ingiunzioni più bizzarre e arbitrarie, in kapò presenti ovunque nella vita quotidiana. Si è incoraggiata, anche da parte delle più alte cariche politiche, la pratica della delazione.
Zimbardo chiamò tutto questo “effetto Lucifero”: una completa deindividualizzazione tramite la quale ciascuno scarica sul gruppo la responsabilità di ogni azione, anche la più violenta. Nell’Italia e nell’Europa ‘democratiche’ si sono visti non soltanto poliziotti, vigili e carabinieri ma anche centinaia di migliaia di cittadini trasformati in controllori del lasciapassare sanitario, reclutati in ogni organizzazione pubblica e privata; si sono visti tutti costoro svolgere con entusiasmo e severità il proprio compito di impedire ad altri cittadini l’accesso ai più svariati luoghi di vita. Si è vista l’Italia trasformata in un carcere/confino a cielo aperto.
Nonostante tutto questo, milioni di cittadini sono riusciti a evadere dal carcere orwelliano nel quale le autorità politico-sanitarie hanno cercato di rinchiuderci. Sono loro ad aver salvato ancora una volta il diritto della persona, ad aver salvaguardato i corpi dei cittadini dal Modelo 77.