Aldous

Circolari ipnopediche

IL DIVERSIVO PATRIARCALE

Anche in articoli che parlano d’altro sempre più spesso si cita il patriarcato o si definisce patriarcale qualcosa. È un nome che piace. Fa sentire subito buoni, dalla parte giusta, in lotta per l’emancipazione sociale e questo, nel dominio italico dello Scemo etico (https://www.aldousblog.it/single.php?id=218), è molto importante. Eppure negli anni Settanta, quando tra la gente comune vi erano ancora due educazioni opposte per maschi e femmine e ancora un controllo ossessivo della sessualità femminile (ormai a buona distanza di sguardo storico non bisognerebbe sopravvalutare numericamente l’area della contestazione culturale) si parlava di una “società senza padri” e uno psicologo di area francofortese (Alexander Mitscherlich) ne annunciava l’ imminente avvento. Evidentemente la cultura di massa e l’inesausta produzione di pseudo-idee in ambito giornalistico e comunicativo sono affette da asincronia perenne. Si parla oggi di patriarcato come qualcosa che vige non come qualcosa che fu e la cui fine (per cui non crediamo sia il caso di versare lacrime) ha lasciato questioni aperte e rovine entro cui bisognerebbe abitare e di cui bisognerebbe sapere cosa fare.

Dunque si è deciso che c’è il patriarcato. Addirittura “sta tornando il patriarcato”. Ma se c’è il patriarcato vuol dire che la nostra è una società fatta per favorire coloro che sono al potere: gli uomini. Spero che il CCSE, il Comitato di Controllo degli Scemi Etici possa perdonare chi pretende di cercare per queste verità di fede un riscontro empirico. Una breve verifica ci porta infatti a conoscenza che la classe dominante, la classe degli uomini, sfoggia una speranza di vita alla nascita, nel 2022, di 80,5 anni e la classe oppressa, quella delle donne, di 84,8. Strana questa longevità della classe oppressa, ma si sa: gli uomini anelano alla bella morte in quanto stirpe guerresca e tanatofila!

Allora certamente questi uomini assisi sui loro privilegi moriranno un po’ prima ma felici e soddisfatti. Il dato sui suicidi in Italia del 2016 ci dice però che il 78,8 di chi si è tolto la vita appartiene a questa classe dominante. Ben strano!

Ma sicuramente questi oppressori sapranno il fatto loro e del resto riservano per se stessi l’istruzione e lasciano la classe oppressa delle donne nella più oscura ignoranza. O no? Il MIUR ci dice che, sui dati dell’anno accademico 2022-2023, le donne rappresentano il 57,3 dei laureati. Il mistero si infittisce. Sarà anche perché studiano poco che gli uomini fanno le guerre dove dopo vanno a morire soprattutto loro. Non troppo furba in verità, questa classe regnante.      

Rimane la questione del femminicidio. Sono gli uomini a uccidere perlopiù le donne. Questo è indubitabile. E su questo sembra basarsi il castello di carte patriarcale dello scemo etico. Ma anche qui sarebbe il caso di dare un’occhiata ai dati. Il report ISTAT ci informa che “nei casi in cui si è scoperto l’autore, il 92,7% delle donne è vittima di un uomo”. Il che è mostruoso. Il punto è che, continuando, la frase del report recita “mentre nel caso la vittima sia un uomo nel 94,4 dei casi l’omicida è un uomo.” Ecco caduto il castello di carte. L’uomo uccide le donne perché l’accesso alla violenza omicidiaria è purtroppo evidentemente più facile al maschio della specie. Se ci fosse una statistica dei cani uccisi probabilmente anche il quel caso gli uccisori sarebbero uomini. Basterebbe parlare con un uomo che ha vissuto in campagna e vi direbbe che un conto è avere a che fare con la vacca e la capra e un conto con il toro e il caprone (forse il caprone fa così perché non edotto delle teorie del gender). Del resto, lo abbiamo visto prima con i dati sui suicidi, l’uomo uccide di più tutti, perfino se stesso.

Possibile allora fare una battaglia che prescinda dal fatto che gli oppressori son messi ben peggio degli oppressi? Se gli oppressori son messi peggio degli oppressi non viene in mente alle auguste menti italiche di pensare che l’avversario o il nemico sia un altro? Chi? La risposta è noiosa, per nulla cool e poco utilizzabile per menare il can per l’aia.  Il vecchio solito nemico: il potere, la classe ricca o la classe dominante (scegliete voi la formula). Si riguardino le statistiche dividendo il campione non tra maschi e femmine ma tra ricchi e poveri e la realtà apparirà innanzi ai vostri occhi e con essa la divisione tra dominanti e dominati. Chi vive meglio e chi vive peggio, che è più in salute e chi meno, chi invecchia di più e chi invecchia di meno, chi muore di più e chi muore di meno, e per incanto le statistiche torneranno a segnalare le posizioni che i ricchi  e i poveri hanno solitamente.

Il ritorno sciocco della lagna patriarcale è solo un diversivo e serve, come spesso capita nel’universo del politicamente corretto, a nascondere questioni più serie che non devono essere avvistate dall’uomo medio (sia nella sua versione anomica destrorsa che in quella scemo-etica sinistrorsa). C’è una classe dominante e una classe oppressa ma non si dividono in maschietti e femminucce come nelle scuole elementari di tanto tempo fa ma in chi ha il potere economico, finanziario, geografico e mediatico e chi non lo ha. È molto semplice ed è storia molto vecchia ma non meno scandalosa e per non vederla bisogna mettere in campo diversivi come quelli patriarcali e dare sempre nuove occasioni ai capponi (e alle cappone) di Renzo per litigare tra loro.   

Cosa cela questa noiosa favoletta? Cose ben più gravi. Cela innanzitutto la crisi del maschio occidentale (non sarebbe male a tal proposito leggere buona parte dei lavori di Claudio Risé). Crisi lavorativa, crisi educativa, crisi antropologica, crisi di trasmissione dei modelli maschili che non possono comunque essere gli stessi dei modelli femminili o gender neutral (non per questioni etiche ma perché perlopiù non funzionano). Se si volessero usare gli occhi per vedere sarebbe anche evidente che questi protagonisti di gesti violenti e orribili quasi sempre siano persone mai in alto nella scala sociale, economica, culturale e direi persino estetica. Non i maschi alfa, i dominatori, usano violenza (costoro sono occupati più che altro a scalare le posizioni sociali e a fare soldi come i loro padri e le loro madri) ma chi coltiva il risentimento degli esclusi e dei marginali.

Gli esemplari più pazzi e disperati dei maschi della specie tornano alla violenza e non ci vuole un genio per capire che uno Stato occupato a salvare la finanza, tagliare il welfare e comprare armi non può occuparsi di creare lavoro, diminuire la diseguaglianza, stabilizzare le vite dei più deboli e dei più ignoranti, far stare la gente fuori insieme e non chiusa in casa da sola (per il virus, per il meteo, per l’università online, per mancanza di spazi attrezzati eccetera), offrire occasioni di cultura e di attivazione ai giovani, né tantomeno di intraprendere una complessa missione educativa (non moralistica, educativa). Facciamo finta che i giovani e meno giovani maschi italiani siano lupi marsicani o orsi del Trentino, magari così ci sentiremo spinti ad occuparcene